giovedì 20 novembre 2014

Coming back.

Ho bisogno di fingere di condividere i pochi pensieri che riesco a mettere insieme.

Ad aprile sono tornata a Milano per cercare lavoro - dato che Prato/Pistoia/Firenze non avevano dato frutti. Per mesi ho annaspato in casa con i "miei genitori" e a luglio e agosto sono stata fuori perché ho lavorato come baby-sitter. Grazie alla madre della bimba che tenevo, a settembre ho iniziato a lavorare come assistente di una designer di gioielli.
Sono stata produttiva, ho lavorato molto e sto facendo le guide per la patente cercando di vincere gli attacchi di panico. L'istruttore che mi segue fa continue battute a sfondo sessuale e mette sempre le mani addosso, cerco di tenere duro ma alla fine di ogni lezione mi viene da piangere. Me ne mancano 3 di quelle obbligatorie, poi non so bene cosa farò - dato che non ho nessuno che mi porti a guidare.
Ora sono di nuovo al limite, la mia soglia di sopportazione in casa con i "genitori" è stata superata da molto e la speranza mi ha abbandonata definitivamente. Quando sono tornata speravo che la lontananza avesse quietato un po' il clima, mi sbagliavo.
Dato che il lavoro che sto facendo è quasi giunto alla conclusione speravo di poter riprovare a cercare lavoro in Toscana, con patente alla mano e con qualche mese di esperienza nel campo del design di gioielli, ma il mio ragazzo mi sta scoraggiando in ogni modo. Non so cosa pensare, ma sto male..mi sembra stia cercando di tenermi lontana e che il sentimento - da parte sua - sia calato.
Ho capito che non ho amici su cui contare, solo amici "satellite" che si fanno vivi quando non hanno altro da fare. Ne ho preso atto, vado avanti, non ci contavo molto.

Devo vivere per me, e devo tirarmi fuori da questo schifo da sola, non posso contare su nessuno.
Vorrei un'amica con cui parlare a cuore aperto, ora che Lui è così distante ne ho davvero bisogno.


mercoledì 15 gennaio 2014

Everybody knows.

"Tutti sanno che hai problemi col cibo, come fai a pensare che non si veda? Perché piangi? Dov'è il problema?" - queste sono state le parole del mio ragazzo durante una conversazione rivelatrice.
Domenica è il mio compleanno e lui, tra le altre cose, ha organizzato una cena per lunedì perché giorni fa gli dissi che volevo andare in un ristorante di cui mi parla spesso (in stile anni '50, e hanno molti piatti per vegetariani).
Fin qui tutto bene.
La madre vuole che io e lui si faccia un dolce per domenica piuttosto che comprarlo.
Fin qui tutto bene.
Poi lui mi dice che lei sa che ho un disturbo alimentare...dunque perché dovrebbe pensare che io voglia preparare un dolce per me stessa?
Lui decide di preparare "seguendo la ricetta, da solo, senza nessun aiuto" il mio dolce preferito, nonostante lui non sappia fare nessun dolce a parte il tiramisù (che gli viene anche parecchio bene).
Alla mia avversione all'idea di dovermi preparare un dolce lui risponde mettendo il broncio e dicendo che non capisce perché io reagisca così. Decide di farmi la focaccia genovese, "che ti piace tanto, lo dici sempre", gli rispondo che non è necessario e dato che lunedì sera siamo a cena fuori preferirei evitare; dato che ci è rimasto male alla fine gli ho detto che può prepararmela.

"Perché deve sempre ruotare tutto intorno al cibo?" domanda seguita da frasi come "non capisco come possa condizionarti così tanto, come può non piacerti mangiare, come tu non veda come sei davvero". Si sforza di capire, in realtà non so dare neanch'io delle risposte.

Sento sempre più forte il bisogno di tornare a Milano, questa città è troppo piccola, muoversi è quasi impossibile e mi manca tutto. Vorrei che i miei genitori capissero che in questi 23 anni hanno sbagliato tutto, mi dicessero che mi vogliono bene e che gli manco. Vorrei tornare a casa.
Potrò sembrare poco riconoscente verso chi mi sta ospitando e mi ha tirata fuori dal fango in cui stavo annegando, ma non è così. Semplicemente vorrei smettere di sentirmi un peso, vorrei poter essere indipendente come lo ero prima di venire a vivere qui.

Vorrei anche tornare in psicoterapia, sono disperata...ho bisogno di qualcuno con cui parlare delle convinzioni che si stanno facendo spazio nella mia mente.
Ho capito che non posso guarire se non costruisco qualcosa di solido: un lavoro e un posto mio sarebbero un buon inizio. Inoltre ricominciare con la psicoterapia sarebbe la scelta più logica, ma l'unico modo sarebbe farla all'asl dato che i miei avevano deciso di non pagarmi più le sedute, ma dovrei andarci a Milano, dove ho la residenza, perché qui posso fare visite solo in prestazione occasionale. Non cambierò la residenza finché non avrò un lavoro e un appartamento/stanza.
Razionalmente so che dovrei voler guarire e poi pensare a tutte le altre sfere della mia vita, ma uscirne è molto più difficile di quanto sembri.Devo anche ammettere che, nella condizione in cui mi trovo ora, l'idea di non avere più la malattia a cui aggrapparmi mi spaventa. Può sembrare folle, o più probabilmente stupido, lo so. Ho troppa paura e mi sento costantemente fuori luogo. Preferisco risolvere i problemi legati al mio posto nel mondo che quelli relativi al mio mondo interiore. Mi preme di più costruire qualcosa all'esterno perché mi sento persa in un mondo che non mi riconosce come persona adatta, un mondo di cui io non mi sento parte.
Mi sembra di non avere nulla a parte il mio ragazzo, poche amicizie superficiali e la mia sofferenza.
Non ho molti amici qui, non ci sono persone con cui mi sento abbastanza in sintonia;
non ho degli spazi miei, non ho una stanza mia;
non ci sono luoghi che sento miei (come potevano essere l'albero sotto il quale andavo a leggere al Sempione, o la panchina del pianto al parco dietro casa);

non ho C., G. e M.;
non ho un lavoro e ho perso interesse per quelle che erano le mie passioni.
Ma soprattutto non ho S., che più che un cane è un fratello, lui che ad ogni taglio mi fissava e si sedeva di fianco a me, lui che ad ogni disastro alimentare con conseguenze appoggiava la testa sulle mie cosce e che ad ogni attacco di panico o svenimento mi leccava e si sdraiava di fianco a me.
Perdonami se ti ho lasciato con loro in questo momento per te difficile, scusa se dopo 11 anni insieme mi sono dovuta allontanare. Mentre ti penso mi viene solo da piangere, verrò a trovarti presto.


Mi sento persa, devo ritrovarmi.



martedì 31 dicembre 2013

At the end of the day.

Tiriamo le somme.

Avevo detto che sarei tornata, ma ogni volta mi sembra più difficile far fluire i pensieri e trasformarli in parole.

Il 2013 è ormai giunto al termine e negli ultimi giorni ho la costante illusione che allo scoccare della mezzanotte il Capodanno mi permetterà di risorgere dalle mie ceneri come una fenice. Immagino che in tanti abbiano questa vana speranza.
Negli ultimi mesi sono stata insultata più del solito da mio padre, minacciata e mandata via di casa; il mio ragazzo e i suoi genitori si sono offerti di ospitarmi finché non troverò un lavoro. 
Sono quasi 3 mesi che sono a Prato e, per quanto possa sembrare assurdo, mi manca Milano. 
Mi manca il mio canino S., mi manca la nebbia, mi manca la quotidianità di un tempo, lo sguardo vitreo nel caos milanese. Mi manca avere degli spazi solo miei, mi manca la possibilità di digiunare indisturbata. 
A volte mi manca addirittura casa, con la mia famiglia che mi spinge all'autodistruzione.
Provo sentimenti ambivalenti nei confronti del dolore, la malattia e la salvezza, la cura.
Sono sempre più stanca, in tutti i sensi. 
Le prime settimane di permanenza qui pensavo che col tempo sarei stata bene, i pensieri negativi erano diminuiti e il desiderio di farmi del male sembrava tacere. L'inferno ha fatto presto a riaprire le porte, ma non è concesso stare male perché questa non è la casa in cui (soprav)vivevo prima, qui le persone ti guardano, fanno domande, minimizzano - forse per tirarti su, ma tanto non funziona così. Qui si sta a tavola tutti insieme, ti guardano nel piatto e ti danno altro cibo ché "'un tu hai mangiato niente, nini". Non sono abituata ad abitare con persone attente e che, a modo loro, ascoltano. Non sono abituata a una famiglia che funziona e che si ama.
Nonostante qui mi trattino bene vorrei andare via, avere un posto da sentire mio e non solo per avere la certezza di poter mettere in atto le mie pratiche deleterie...mi manca stare da sola, perdermi tra pensieri e inchiostro bevendo tè caldo.

Volevo scrivere dei "buoni propositi" ma mi sono resa conto che sono stati surclassati dai desideri dannosi, poi non è che ci creda molto nei buoni propositi da "nuovo anno, nuova vita".
Auguro a chi mi legge una buona fine 2013 e un buon 2014, spero che almeno per qualcuno il nuovo anno possa essere la rinascita che vorrei.